DIMISSIONI
Sono annullate se c'è incapacità d'intendere e di volere.
GUIDO CANESTRI

Le dimissioni del lavoratore possono essere annullate per incapacità d'intendere e di volere, anche se non c'è la prova della malafede del datore dilavoro che le ha accettate. È quanto affermato da una recente sentenza della Cassazione (Cass. 18 marzo 2008, n. 7292). Una dipendente dell'Azienda trasporti consorziali di Bologna, dopo averle presentate, con ricorso al giudice di primo grado ne ha chiesto l'annullamento, sostenendo di averle sottoscritte mentre era in condizioni d'incapacità d'intendere e di volere. Ella ha fatto riferimento all'articolo 428 delcodice civile, secondo cui: "Gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d'intendere e di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all' autore. L' annullamento dei contratti non può essere pronunciato se non quando, per il pregiudizio che sia diretto o possa derivare alla persona incapace d'intendere o di volere, o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell'altro contraente".

La domanda è stata ritenuta priva difondamento sia in primo che in secondo grado. il giudice d' appello ha motivato la sua decisione affennando che la materia delle dimissioni dal rapporto di lavoro è disciplinata dal secondo comma dell' articolo 428 del codice civile e che nel caso in esame non risultava che la datrice di lavoro fosse in malafede, ovvero avesse la consapevolezza delle condizioni d' incapacità della lavoratrice, la quale ha proposto ricorso per cassazione,censurando la decisione del tribunale di Bologna per violazione di legge. La Suprema Corte ha accolto il ricorso. Le dimissioni, ha osservato, costituiscono un atto unilaterale e pertanto sono soggette alle disposizioni del primo comma dell'articolo 428 del codice civile. In base a tale norma, a differenza dei contratti, peri quali è necessaria la malafede dell 'altro contraente e non il pregiudizio del dichiarante (che costituisce solo uno deipossibili elementi rivelatori della malafede: Cass.12 luglio 1991,n. 7784),per l'annullamento degli atti unilaterali è necessaria e sufficiente la prova del pregiudizio per il dichiarante e non è necessaria la prova della malafede del destinatario.

La Corte ha pertanto ritenuto che il gIudice d' appello fosse incorso in errore affermando che per l'annullamento fosse necessaria la prova della malafede della datrice di lavoro e ha cassato la decisione impugnata, enunciando il seguente principio di diritto: "Ai fini dell'annullabilità dell ' atto di dimissioni dellavoratore subordinato per lo stato d'Ìncapacità prevista dall'articolo 428 del codice civile, è necessaria la prova che, al momento in cui l'atto è compiuto, il dichiarante si trovi Ìn uno stato d'Ìncapacità d' Ìntendere o di volere, per qualsiasi causa,anche transitoria; non occorre tuttavia la totale privazione delle facoltà Ìntellettive o volitive, essendo sufficiente la menomazione di esse, tale comunque da impedire la formazione d'una volontà cosciente, ovvero una patologica alterazione mentale; è necessaria la prova che per l'atto il dichiarante subisca grave pregiudizio; non è necessario che risulti la malafede del destinatario dell'atto". Ilgiudizio è stato pertanto rinviato, per un nuovo esame, perche vengano valutati i fatti di causa, dando applicazione al principio di diritto stabilito dalla Corte.

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Ultima modifica 29.11.2008




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