MANSIONI SUPERIORI
La mancata assegnazione costituisce una dequalificazione.
MARA PARPAGLIONI

Secondo la Cassazione, la mancata assegnazione delle mansioni superiori spettanti a un lavoratore vincitore di un concorso, comporta un danno da dequalificazione cbe deve essere risarcito in misura determinata equitativamente (Cass. lo aprile 2008, n. 8439) .La Suprema Corte ha esaminato il caso di un dipendente dell'Azienda municipale traspoorti di Catania con qualifica dimpiegato di terza categoria che aveva partecipato, con successo, a un concorso interno per la promozione a impiegato di terzo livello, programmatore addetto al centro elaborazione dati. L' amministrazione pur riconoscendogli la qualifica superiore, aveva continuato ad assegnargli mansioni inferiori d'impiegato di quarto livello, negandogli quelle superiori di programmatore.
Il lavoratore, pertanto, chiedeva al tribunale del capoluogo etneo di ordinare all' azienda di assegnargli le mansioni di programmatore e di condannarla al risarcimènto del danno da dequalificazione. Il tribunale accoglieva integralmente le domande del lavoratore, ritenendo che la mancata assegnazione delle mansioni superiori avesse causato dequalificazione.

Lo stresso giudice di primo grado detenninava il risarcimento del danno lella misura del 25 per cento dellaretribuzione per i primi 12 mesi d'inadempimento e del 40 per il periodo successivo, in considerazione dell aggravamento progressivo della dequalificazione professionale per il protrarsi dell'inadempimento dell'azienda. In grado d'appello,la Corte di Messina confermava questa decisione,rilevando che il danno doveva ravvisarsi nella mancata acquisizione di una maggiore capacità e che tale danno apparemolto evidente e grave per alcune particolari professioni (come quelle di progrmmatore) soggette a una continua evoluzione e richiedenti, quindi, continui aggiornamenti, come si verifica in matenadi tecnologica informatica, trattandosi di un settore in costante sviluppo, che presuppone un assiduo aggiornamento tecnico, nonche un' attività pratica d 'impiego dei diversi programmi applicativi.
La Corte d' appello faceva riferimento, altresì, al danno all'immagine derivante dalla mancata assegnazione alle mansioni meritate con il concorso. L 'azienda proponeva ricorso per cassazione, censurando la decisione della Corte di Messina pervizi di motivazione e violazione di legge.

Il risarcimento, sosteneva la proprietà,era stato riconosciuto senza che fosse stata data la prova del danno derivato dalla dequalificazione. La Suprema Corte rigettava il ricorso, osservando che " appare evidente che la dequalificazione lamentata dal lavoratore debba essere rapportata alle mansioni conseguite a mezzo concorso e mai assegnate". Secondo il Collegio, non è stato contestato che il dipendente abbia superato il concorso, ne è stato contestato il livello delle mansioni corrispondenti al posto conseguito a seguito del concorso. Ne consegue, ha quindi concluso la Cassazione, che l'istante avrebbe dovuto ricoprire le mansioni meritate a seguito del superamento del concorso e che il permanere, invece, nelle vecchie mansioni ha costituito una dequalificazione rispetto alle mansioni raggiunte.
Con riferimento poi al conseguente risarcimento, la Cassazione ha precisato che la Corte d'appel lo non ha ritenuto il danno in reipsa, maha invece adeguatamente e diffusamente motivato in proposito, riconoscendo il danno nella mancata acquisizione di una maggiore capacità professionale.

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Ultima modifica 29.11.2008




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